Nasceva il 3 giugno 1922, a Vennes in Bretagna, Alain Resnais, regista e teorico cinematografico fra i più influenti del cinema francese di tutti i tempi. Cresciuto in una ricca famiglia borghese, Resnais si interessò fin da piccolo all’arte e alla letteratura. A 14 anni girò il suo primo documentario L’Aventure de Guy.
Nel 1941 si trasferì a Parigi, dove venne a contatto con un fervido ambiente cinematografico. Si iscrisse alla neonata scuola di cinema IDHEC e partecipò a diverse importanti produzioni, come il film L’amore e il diavolo di Marcel Carné. Per una decina di anni si dedicò alla regia di svariati documentari su temi artistici, fra cui due di rilievo: Van Gogh (1948), dedicato all’omonimo pittore e Guernica (1950), dove fra i primi affianca il dipinto di Pablo Picasso all’orrore dei bombardamenti tedeschi sulla cittadina basca. Come documentarista arrivò alla consacrazione nel 1955, con il documentario su Auschwitz Notte e nebbia.
Gli anni sessanta
Nel 1959 gira quello che rimane uno dei suoi più grandi capolavori, il film Hiroshima Mon Amour, assimilato come capofila fra i film della Nouvelle Vague (per quanto il regista non si iscrisse mai idealmente a questa corrente), anche grazie al sapiente e innovativo utilizzo di flashback. In questo caso utilizzati per raccontare la disperazione e le sofferenze degli sconfitti dalle guerre. Questo film gli garantì la possibilità di girare successivi lungometraggi, tutti ispirati da una forte componente sociale e politica. Ricordiamo su tutti: Muriel, il tempo di un ritorno (1963) ispirato alle conseguenze traumatiche dei soldati francesi al ritorno dall’Algeria, e La guerra è finita (1966) che percorre le difficoltà di un soldato spagnolo anti franchista.
Gli anni settanta
Dopo il flop commerciale di Je t’aime je t’aime – anatomia di un suicidio (1968) migrò negli Stati Uniti, dove rimase fino al 1971. Per tutti gli anni settanta il suo cinema si concentrò sempre di più sulla psicologia e su metodi alternativi di narrazione. Ricordiamo Providence (1977), unico suo film in inglese dove sperimenta e riflette su il rapporto fra autore e universo letterario, e Mio zio d’America (1980), un film saggio che traspone sul grande schermo le teorie del fisiologo Henri Laborit sui meccanismi di difesa del cervello.
Due anni dopo uscirà il film che andrà a ridefinire il suo cinema: La vita è un romanzo (1982), dove Resnais si concentrò sulla messa in scena di diversi piani temporali, regolati da un filo narrativo che trova i propri riferimenti su generi continuamente diversi, affrontandoli quasi tutti. Dopo altri due decenni di cinema, dove affronterà nuove sfide con nuovi interessanti racconti e collaborazioni, Resnais si spegne a Parigi, il primo marzo 2014.