«Cosa ha trasformato quel sogno di unità, uguaglianza e laicità in un incubo?» è la domanda da cui è partito Massimo D’Orzi per girare “Bosnia Express”. Il film che martedì 5 aprile 2022 (ore 20.30) è in programma martedì 5 aprile 2022 (ore 20.30) al cinema Sivori, proiettato da Circuito Cinema Genova.
A presentarlo saranno presenti lo stesso regista e Silvio Ferrari, scrittore e traduttore, esperto di storia e cultura slava. Ferrari, nato a Zara e cresciuto a Camogli dopo l’esodo giuliano dalmata, ha iniziato l’attività letteraria negli anni Settanta con le traduzioni dal serbo, dal croato e dal bosniaco, eseguite parallelamente a una cospicua produzione in proprio di narrativa e saggistica. Dal 2000 al 2007 è stato docente all’Università di Genova per l’insegnamento delle letterature serba, croata e bosniaca. Bosnia Express
Liberamente tratto dall’omonimo libro di Luca Leone, “Bosnia Express” di Massimo D’Orzi è il terzo atto di un’ideale trilogia inaugurata da “Adisa o la storia dei mille anni” (2004) e proseguita con “Sàmara” (2009). Il film inizia a Trieste e prosegue, via acqua, per la Bosnia Erzegovina, verso Sarajevo, e poi Srebrenica, Tuzla, Stolac, Mostar, fino a Medjugorie.
Ci si prende il tempo di soste dovute e svolte impreviste, in ascolto dei luoghi, che siano fabbriche abbandonate, abitazioni private, cimiteri, quartieri, luoghi di culto. Una casa di Sarajevo che è stata quartier generale per i reporter da tutto il mondo, una moschea dove due amiche si confrontano sul futuro. Le voci di intellettuali, esponenti religiosi e militari. Ma soprattutto artisti: dei “non famosi” che attraverso la musica, il canto, il balletto, il teatro, cercano una catarsi da un passato, ancora troppo vicino, di morte e violenza cieca.
Una riflessione quanto mai attuale su quello la guerra toglie e su quello che la guerra lascia. «Le guerre jugoslave – ha dichiarato Massimo D’Orzi – sono state guerre di religione. Un grande laboratorio dove si è sperimentato ciò che avremmo visto su scala mondiale con l’avanzata dei monoteismi e l’attacco alla libertà e all’identità delle donne. Ecco perché dobbiamo interrogarci continuamente su cosa è successo in Bosnia».