Lo scorso sabato siamo andati ad intervistare Giancarlo Giraud, muniti di mascherine e guanti nel pieno rispetto del distanziamento sociale, siamo stati accolti all’interno della sala del Club Amici del Cinema in via Carlo Rolando 15 a Sampierdarena.
Sui muri della sala, fanno bella mostra di se, tantissimi manifesti originali, dalla collezione privata di Antonio Borgheresi (un amico di Firenze del Club Amici del Cinema), che danno vita alla mostra dedicata alla ricca filmografia di Alberto Sordi, mentre la celebrazione dell’altro importante centenario di quest’anno, quello dalla nascita di Fellini, è affidata alla programmazione di tre delle sue opere recentemente restaurate dalla Cineteca di Bologna: I Vitelloni, Amarcord, 8½, che torneranno sullo schermo del Cinema.
Giancarlo Giraud, direttore da 40 anni del Cine Club Amici del Cinema, uno dei più importanti centri culturali per quello che riguarda il cinema d’essai e il cinema d’autore, a Genova. Sede di numerosissime iniziative locali, nazionali e internazionali tra le quali il Missing Film Festival (sostenuto dal MIBAC), che la scorsa edizione ha avuto il merito di premiare il film Bangla, che passò nelle sale quasi inosservato per poi conquistare il David 2020 al miglior regista emergente.
Da dove è nata l’intuizione o se vogliamo l’esigenza di dare vita al Missing Film Festival?
“E’ un festival di opere prime e seconde del cinema italiano, che spesso non vengono apprezzate come meriterebbero. Per esempio Bangla pur essendo una produzione di Domenico Procacci, si è confrontato con una generale indifferenza iniziale. Spesso nei confronti delle opere prime italiane c’è un sentimento di sospetto, anche La paranza dei bambini ha sofferto nelle proiezioni in sala. Alle volte per assurdo risulta più semplice seguire un film proveniente dall’Iran che una produzione italiana. Noi con il Missing, diamo la possibilità di vedere quelli che spesso sono film che hanno avuto pochi passaggi nazionali. Al prossimo Missing presentiamo Sole che dopo il passaggio veneziano è di fatto scomparso dalle programmazioni. Al fianco dei film durante il Festival trovano spazio anche i documentari e i film restaurati. Negli anni abbiamo sviluppato questo intenso rapporto con la Cineteca di Bologna che svolge questo lavoro encomiabile di restauro, quest’anno presenteremo con la presenza in sala di chi ha curato il restauro la Strategia del ragno di Bertolucci“.
Lo streaming può sostituire la sala?
“La visione, almeno la prima visione deve avvenire in sala, come diceva Fellini “forse si può rivederlo in televisione”, lo streaming rappresenta una sorta di tradimento. Capisco che queste sale d’essai possano apparire come qualcosa del passato, una sorta di museo del cinema, forse lo sono anche, ma noi difendiamo il valore di questa classicità. Che il pubblico faccia le sue valutazioni. Noi lo facciamo per passione, basta che i conti tornino noi siamo a posto, l’industria si muove in un altro modo. Noi siamo una sorta di santuario laico in cui le persone si riconoscono, si apprezzano, si includono, crescono nella passione cinematografica e ci accompagnano in questo percorso curioso, alla scoperta della realtà, come diceva Fassbinder “il cinema libera la mente”. Questo è il nostro lavoro , un lavoro impegnativo che rinnoviamo ogni anno con tutta una serie di iniziative che coinvolge il pubblico e le istituzioni, dal municipio, alle scuole, alle università. Andare al cinema resta una scelta di libertà, ho scelto di vedere quel film, in quella sala, una prospettiva non replicabile dallo streaming”.
Come avete affrontato questo periodo di incertezze legato al Corona virus?
“Noi prima del Corona virus abbiamo avuto il crollo del ponte e non ci possiamo dimenticare che ci troviamo a pochi passi dalla Fiumara, uno dei più grandi multisala d’Europa, quindi resistenti e resilienti in tutto per tutto, siamo abituati a un lavoro intenso, abbiamo una programmazione impegnativa 5 giorni su sette e portiamo avanti il lavoro con la Mediateca del Centro Civico Buranello con le lezioni di cinema tenute da Elvira Ardito. Dopo il Covid si dovrà ripartire da capo, ci saranno diversi problemi, oltre all’organizzazione del distanziamento, la questione psicologica è la vera incognita, non credo che i nostri abbonati ci lasceranno, ma noi lavoriamo con e per diversi pubblici, diverse fasce d’età, i documentari , film d’autore, film extra europei. Noi continueremo a garantire la nostra multi programmazione. Abbiamo già aderito e siamo tra i promotori del Festival Concorso di Cinema Internazionale, il Flight dedicato a film sperimentali, che si terrà spero da metà ottobre e vedrà impegnate anche le altre sale ACEC, Cinema Cappuccini, il Nickelodeon e gli altri amici del nostro circuito di sale d’essai”.
L’opzione dei Drive in, per te rappresenta una strada praticabile?
“Parlando tra addetti ai lavori pare una prospettiva già tramontata, sia a livello nazionale che nel particolare a Genova, mentre di certo ripartiranno le arene estive, che essendo all’aperto godranno di un miglior livello di sanificazione; qui noi abbiamo la nostra arena da 90 posti, proprio accanto alla sala. L’organizzazione delle visioni estive all’aperto, rappresenterà di fatto il primo segnale di ripartenza”.
Qual’era la vostra programmazione quando siete stati costretti a chiudere?
“I vitelloni, Piccole Donne e Dio è donna e si chiama Petrunya, già da questi tre titoli puoi capire il lavoro e il tipo di organizzazione che c’è dietro la nostra programmazione che non era per niente casuale, poiché era in arrivo la festa della donna dell’8 marzo. Pochi hanno il nostro tipo di rapporto con le associazioni e i gruppi presenti sul territorio. La nostra programmazione è figlia dei feedback da parte del territorio e del nostro pubblico. Penso alla bellissima esperienza di San Pier del Cinema una serie di incontri che iniziavano alle ore 18 in cui il pubblico incontrava a secondo del tema trattato degli esperti, dottori, tecnici, educatori e quant’altro, finito l’incontro dialogo, c’era un momento aperitivo conviviale e poi seguiva la proiezione di un film legato all’argomento trattato in precedenza, il tutto compreso nel prezzo del biglietto. L’ultima volta avevamo dell’argentino Gaston Duprat, Il mio capolavoro introdotto dal gallerista, critico cinematografico e docente di letteratura spagnola a Modena Marco Cipolloni. Insomma un modo di fare cinema con passione che ci garantisce la presenza ogni anno di grandi autori e critici cinematografici; Steve Della Casa, Giorgio Diritti di cui CGS sostenne la distribuzione di Il Vento fa il suo giro, David Grieco, Caterina Carone, e molti altri”.
Ora che l’offerta sul web si è moltiplicata, e resta saldamente nelle mani di giganti come Netflix o Disney, cosa ne sarà del cinema indipendente?
“Il cinema indipendente dovrà aumentare la sua capacità di fare rete, però già per definizione si trova sul lato opposto dei Moloch, della grande produzione-distribuzione, che rappresentano il vero “oppio dei popoli”, che indirizza al consumo. C’è un bellissimo film tedesco the record, di almeno trent’anni fa, dove un giovane disoccupato per sbarcare il lunario decide di superare il record di visione di televisione, in lui il rapporto con il medium caldo si sviluppa come una vera e propria simbiosi, ma oltre ad appagarlo gli ottunde la mente, trasformandolo nel finale in un’antenna umana. Questo per dire che dipende sempre dal tipo d’utilizzo che si fa del mezzo. In molti pensano di essere più forti del mezzo, in realtà siamo tutti più deboli del mezzo, ovvero dei diversi canali mediatici. Ci distinguiamo facendo scelte di libertà che ci differenziano dal consumo imposto dalla produzione del tipo Amazon-Netflix. Il cinema indipendente dovrà puntare sempre di più a distanziarsi dal tipo di offerta delle grande produzione, alternativo rispetto all’offerta e insistere su elementi di libertà e condivisone, facendo si che il cinema visto in sala sia un’altra cosa, una ricchezza che non si può replicare con lo streaming.Vogliono limitare il potere del cinema di creare il mito, pensiamo a personaggi come Fellini o Marylin, senza i film al cinema non sarebbero mai diventati quello che oggi sono in televisione. In conclusione i prodotti italiani andrebbero difesi di più, come fanno in Francia”.
Le sagge parole di G. Giraud, ci restituiscono la passione che ha per il suo lavoro il Direttore del Club degli Amici del Cinema, e ci mostrano come non ci si debba scoraggiare neanche difronte a quest’ultima crisi.
G. Giraud, porta avanti in modo resiliente l’attività di un cinema d’essai, che non è solo un luogo dove passare qualche ora alla ricerca di svago, ma svolge una sua funzione culturale e sociale ben definita all’interno del quartiere dove risiede e resta soprattutto un luogo di magia, di libertà.
Stefano Verardo