Dagli esordi punk di Piccoli Omicidi tra amici e Trainspotting, al successo horror di 28 giorni dopo. Dalla fantascienza di Sunshine, passando per il dramma di The Millionaire, fino al biopic su Steve Jobs. Danny Boyle è il regista che sa rinnovarsi, senza scadere nella palude dell’immobilismo, puntando sempre in alto.
Un artista particolare Danny Boyle. Piace a molti e ad altrettanti fa storcere il naso, forse proprio per questo approccio ondivago nei confronti dei generi e dei temi trattati. I più nostalgici ricorderanno sicuramente il suo film d’esordio, Piccoli Omicidi tra amici (1994), che preparava il terreno all’opera successiva: l’iconico Trainspotting. Già nella prima pellicola faceva capolino il tema dell’eroina, di certa umanità volontariamente ai margini, ispirata dagli strascichi del grunge e di certe sottoculture post punk preponderanti nel Regno Unito.
Con Trainspotting, tratto dall’omonimo romanzo del grande Irvine Welsh, Boyle centra il periodo storico e il posto giusto per raccontare una storia filmica che in molti aspettavano da tempo. Il calare lento delle sfavillanti luci degli anni ottanta, l’invasione di vecchie e nuove droghe nelle strade e la fine del mandato di Margaret Thatcher come Primo Ministro del Regno Unito, consegnavano agli anni novanta un’umanità disfatta, disillusa, con una classe operaia devastata da diversi elementi. In questo setting l’opera forse più famosa del regista non ha nulla di rivoluzionario, bensì si rivela come necessaria.
Di palo in frasca
Probabilmente Boyle questa cosa la percepisce e evita di fossilizzarsi sullo stile e sul genere che tanto successo gli ha dato. Si può dire che la ribalta di Trainspotting è più dovuta alla straordinarietà della realtà rispetto alla finzione filmica. Infatti dopo due film non di grande rilievo (Una vita esagerata e The Beach) cambia completamente registro, riportando in auge l’horror apocalittico, con un pregevole film sugli zombie: 28 giorni dopo (2002). La pellicola fonda le proprie radici nei film di George A. Romero, ma ha anche una buona dose innovativa, integrando nel mondo post 11 settembre 2001 le nuove paure dell’Occidente.
Successivamente si cambia ancora, forse alla ricerca di una nota più autoriale. È arrivata la stagione della maturità per Boyle, e già in Sunshine (2007) si inizia ad intravedere. Un film di fantascienza, sussurrato, senza esasperanti effetti speciali o particolari pretese sulla quantità di budget da spendere: bastano una colonna sonora di qualità e una storia dai profondi significati umani. Un film che rilancia parzialmente il genere e vedrà fiorire imitazioni più o meno di successo. Si dice che questa nuova mano registica, che andrà a definire il suo stile, sia costruita con la volontà di arrivare a vincere il Premio Oscar. Cosa che avverrà.
Il Premio Oscar e le nomination
Il tutto succede con The Millionaire (2008), film drammatico dove il regista inglese si cimenta con una storia seria, drammatica, dalle mille sfaccettature, non facile da trattare. Non a caso gli verrà spesso contestato, nel corso degli anni, di essere caduto in pregiudizi nella narrazione del film, che racconta la vita di un giovane ragazzo indiano, che dai poverissimi slum di Mumbai riesce a diventare milionario, grazie alla partecipazione ad un programma televisivo. La pellicola vince otto statuette, fra cui quella alla miglior regia. Un enorme successo, che verrà confermato anche in sala, dove la pellicola guadagnerà al botteghino la bellezza di 377.910.544 milioni di dollari.
Il film successivo al grande successo di The Millionaire sarà qualcosa di totalmente diverso. 127 ore, con protagonista James Franco, racconta la storia vera di un alpinista, tale Aaron Ralston, che nel 2003 rimase incastrato in un canyon dello Utah e si vide costretto a tagliarsi un braccio per sopravvivere. Il film non ha grossi spunti ne grande originalità, nonostante questo ha avuto un buon numero di pubblico e ancora oggi vive nelle discussioni a riguardo dei film caratterizzati da uno schema narrativo particolare, in virtù anche della nomination al milgior film e alla miglior sceneggiatura non originale ai premi Oscar del 2011. Danny Boyle Regista
Biopic e ritorno al passato
Nel 2015 si cambia ancora, Boyle prova a raccontare la figura di Steve Jobs, in un biopic a lui dedicato. Il film viene scritto e girato per piacere al pubblico e per consacrare la figura del cofondatore di Apple. Evidentemente, a differenza di Trainspotting che interpretava perfettamente sentimenti ed emozioni già diffuse e pronte solo per essere colte, il pubblico generalista non sentiva così fortemente il bisogno di un film del genere. La pellicola raccoglie una quantità impressionante di candidature, ottenendo però ben pochi premi.
Il cerchio, però, torna a chiudersi. Infatti, nel 2017, esce il secondo capitolo di Trainspotting, T2, ispirato anche in questo caso al romanzo Porno di Irvine Welsh, seguito letterario del primo libro. Nel film vengono riproposti quasi gli stessi personaggi, ci sono continui rimandi alla pellicola precedente, visivi e musicali. Il pubblico recepisce alla grande, fra vecchi nostalgici degli anni novanta e nuovi cinefili. Ultimamente intorno a Boyle girano alcune voci: potrebbe dirigere in futuro un capitolo di James Bond? Lo scopriremo! Danny Boyle Regista
Qui sotto vi lasciamo i link di qualche prodotto che abbiamo acquistato qui in redazione e che vi consigliamo per ampliare la vostra collezione:



Dagli esordi punk di Piccoli Omicidi tra amici e Trainspotting, al successo horror di 28 giorni dopo. Dalla fantascienza di Sunshine, passando per il dramma di The Millionaire, fino al biopic su Steve Jobs. Danny Boyle è il regista che sa rinnovarsi, senza scadere nella palude dell’immobilismo, puntando sempre in alto.
Un artista particolare Danny Boyle. Piace a molti e ad altrettanti fa storcere il naso, forse proprio per questo approccio ondivago nei confronti dei generi e dei temi trattati. I più nostalgici ricorderanno sicuramente il suo film d’esordio, Piccoli Omicidi tra amici (1994), che preparava il terreno all’opera successiva: l’iconico Trainspotting. Già nella prima pellicola faceva capolino il tema dell’eroina, di certa umanità volontariamente ai margini, ispirata dagli strascichi del grunge e di certe sottoculture post punk preponderanti nel Regno Unito.
Con Trainspotting, tratto dall’omonimo romanzo del grande Irvine Welsh, Boyle centra il periodo storico e il posto giusto per raccontare una storia filmica che in molti aspettavano da tempo. Il calare lento delle sfavillanti luci degli anni ottanta, l’invasione di vecchie e nuove droghe nelle strade e la fine del mandato di Margaret Thatcher come Primo Ministro del Regno Unito, consegnavano agli anni novanta un’umanità disfatta, disillusa, con una classe operaia devastata da diversi elementi. In questo setting l’opera forse più famosa del regista non ha nulla di rivoluzionario, bensì si rivela come necessaria.
Di palo in frasca
Probabilmente Boyle questa cosa la percepisce e evita di fossilizzarsi sullo stile e sul genere che tanto successo gli ha dato. Si può dire che la ribalta di Trainspotting è più dovuta alla straordinarietà della realtà rispetto alla finzione filmica. Infatti dopo due film non di grande rilievo (Una vita esagerata e The Beach) cambia completamente registro, riportando in auge l’horror apocalittico, con un pregevole film sugli zombie: 28 giorni dopo (2002). La pellicola fonda le proprie radici nei film di George A. Romero, ma ha anche una buona dose innovativa, integrando nel mondo post 11 settembre 2001 le nuove paure dell’Occidente.
Successivamente si cambia ancora, forse alla ricerca di una nota più autoriale. È arrivata la stagione della maturità per Boyle, e già in Sunshine (2007) si inizia ad intravedere. Un film di fantascienza, sussurrato, senza esasperanti effetti speciali o particolari pretese sulla quantità di budget da spendere: bastano una colonna sonora di qualità e una storia dai profondi significati umani. Un film che rilancia parzialmente il genere e vedrà fiorire imitazioni più o meno di successo. Si dice che questa nuova mano registica, che andrà a definire il suo stile, sia costruita con la volontà di arrivare a vincere il Premio Oscar. Cosa che avverrà.
Il Premio Oscar e le nomination
Il tutto succede con The Millionaire (2008), film drammatico dove il regista inglese si cimenta con una storia seria, drammatica, dalle mille sfaccettature, non facile da trattare. Non a caso gli verrà spesso contestato, nel corso degli anni, di essere caduto in pregiudizi nella narrazione del film, che racconta la vita di un giovane ragazzo indiano, che dai poverissimi slum di Mumbai riesce a diventare milionario, grazie alla partecipazione ad un programma televisivo. La pellicola vince otto statuette, fra cui quella alla miglior regia. Un enorme successo, che verrà confermato anche in sala, dove la pellicola guadagnerà al botteghino la bellezza di 377.910.544 milioni di dollari.
Il film successivo al grande successo di The Millionaire sarà qualcosa di totalmente diverso. 127 ore, con protagonista James Franco, racconta la storia vera di un alpinista, tale Aaron Ralston, che nel 2003 rimase incastrato in un canyon dello Utah e si vide costretto a tagliarsi un braccio per sopravvivere. Il film non ha grossi spunti ne grande originalità, nonostante questo ha avuto un buon numero di pubblico e ancora oggi vive nelle discussioni a riguardo dei film caratterizzati da uno schema narrativo particolare, in virtù anche della nomination al milgior film e alla miglior sceneggiatura non originale ai premi Oscar del 2011. Danny Boyle Regista
Biopic e ritorno al passato
Nel 2015 si cambia ancora, Boyle prova a raccontare la figura di Steve Jobs, in un biopic a lui dedicato. Il film viene scritto e girato per piacere al pubblico e per consacrare la figura del cofondatore di Apple. Evidentemente, a differenza di Trainspotting che interpretava perfettamente sentimenti ed emozioni già diffuse e pronte solo per essere colte, il pubblico generalista non sentiva così fortemente il bisogno di un film del genere. La pellicola raccoglie una quantità impressionante di candidature, ottenendo però ben pochi premi.
Il cerchio, però, torna a chiudersi. Infatti, nel 2017, esce il secondo capitolo di Trainspotting, T2, ispirato anche in questo caso al romanzo Porno di Irvine Welsh, seguito letterario del primo libro. Nel film vengono riproposti quasi gli stessi personaggi, ci sono continui rimandi alla pellicola precedente, visivi e musicali. Il pubblico recepisce alla grande, fra vecchi nostalgici degli anni novanta e nuovi cinefili. Ultimamente intorno a Boyle girano alcune voci: potrebbe dirigere in futuro un capitolo di James Bond? Lo scopriremo! Danny Boyle Regista
Qui sotto vi lasciamo i link di qualche prodotto che abbiamo acquistato qui in redazione e che vi consigliamo per ampliare la vostra collezione:


