Torniamo a parlare di espressionismo tedesco. Dopo l’articolo che commemorava l’anniversario della nascita di Fritz Lang, oggi celebriamo il papà di “Nosferatu il Vampiro”: Friedrich Murnau.
Il regista teutonico rappresenta uno dei più grandi esponenti del cinema espressionista tedesco. La sua carriera nel mondo delle arti visive inizia durante la Prima Guerra Mondiale, in teatro. Durante una campagna militare si ritrova quasi per caso nella Svizzera neutrale, dove da internato gli viene affidata la regia di uno spettacolo patriottico.
La guerra però lo toccherà da vicino. Molte persone a lui care moriranno, in particolare il suo compagno di vita cadrà sul fronte russo. Questo periodo tormentato segnerà il suo stile registico e i contenuti delle sue pellicole. Esordisce nel 1919, in una Berlino ancora segnata dalla sconfitta. Produrrà alcuni importanti film muti per lo sbocciare della sua espressione: “Il ragazzo in blu” (1919), film d’esordio, andato completamente perduto. Poi “Satana” (1920), della quale sono rimasti solo alcuni minuti di riprese. Nello stesso anno produce “Il gobbo e la ballerina” (1920), presumibilmente andato distrutto durante il regime nazista.
Nosferatu, il successo, gli Stati Uniti
Nel 1922 dirige il suo capolavoro assoluto: “Nosferatu il Vampiro”. Una pellicola iconica, oggetto di studio, salvatasi solo per l’accortezza di Murnau. Il regista, infatti, venne denunciato dagli eredi di Bram Stoker con l’accusa di plagio nei confronti del romanzo “Dracula”. Gli fu intimato di distruggere tutte le copie della pellicola. Così fece, salvandone clandestinamente solo una.
Quella singola sopravvissuta permise alla sua carriera di decollare. Iniziò ad avere grande successo in patria. Firmò un contratto vantaggioso con una casa di produzione, girando film come “L’ultima risata” (1924), “Tartufo” (1925) e “Faust” (1926). In questi film sperimentò nuovi posizionamenti della macchina da presa, per implementare effetti e tecniche narrative in fase di montaggio. Il successo lo portò negli Stati Uniti. Accettò la proposta del produttore americano William Fox di girare un film con il massimo della libertà, fuori dagli schemi commerciali. Ne nacque “Aurora” (1927), considerato uno dei suoi capolavori. Valse a Murnau quattro candidature e tre Premi Oscar.
Gli ultimi anni e la morte
Dopo anni di grande splendore artistico, il papà di Nosferatu rimase deluso dai vincoli che gli venivano imposti da Hollywood. Il cinema muto stava per essere sorpassato dall’avvento del sonoro. I suoi ultimi film furono tagliati e ricuciti per adattarli a questa nuova tecnologia. Ciò non bastò per trasformarli in dei successi. Si imbarcò nel progetto “Tabù”, film che lo portò ad indebitarsi. Poco prima della uscita in sala avvenne la sua morte: la macchina sulla quale era a bordo, guidata dal suo valletto e amante, si schiantò contro un camion. Murnau morì poche ore dopo. La sua orazione funebre fu tenuta da due suoi colleghi, mostri sacri del cinema espressionista come lui: Carl Mayer e Fritz Lang.
A.M.
Torniamo a parlare di espressionismo tedesco. Dopo l’articolo che commemorava l’anniversario della nascita di Fritz Lang, oggi celebriamo il papà di “Nosferatu il Vampiro”: Friedrich Murnau.
Il regista teutonico rappresenta uno dei più grandi esponenti del cinema espressionista tedesco. La sua carriera nel mondo delle arti visive inizia durante la Prima Guerra Mondiale, in teatro. Durante una campagna militare si ritrova quasi per caso nella Svizzera neutrale, dove da internato gli viene affidata la regia di uno spettacolo patriottico.
La guerra però lo toccherà da vicino. Molte persone a lui care moriranno, in particolare il suo compagno di vita cadrà sul fronte russo. Questo periodo tormentato segnerà il suo stile registico e i contenuti delle sue pellicole. Esordisce nel 1919, in una Berlino ancora segnata dalla sconfitta. Produrrà alcuni importanti film muti per lo sbocciare della sua espressione: “Il ragazzo in blu” (1919), film d’esordio, andato completamente perduto. Poi “Satana” (1920), della quale sono rimasti solo alcuni minuti di riprese. Nello stesso anno produce “Il gobbo e la ballerina” (1920), presumibilmente andato distrutto durante il regime nazista.
Nosferatu, il successo, gli Stati Uniti
Nel 1922 dirige il suo capolavoro assoluto: “Nosferatu il Vampiro”. Una pellicola iconica, oggetto di studio, salvatasi solo per l’accortezza di Murnau. Il regista, infatti, venne denunciato dagli eredi di Bram Stoker con l’accusa di plagio nei confronti del romanzo “Dracula”. Gli fu intimato di distruggere tutte le copie della pellicola. Così fece, salvandone clandestinamente solo una.
Quella singola sopravvissuta permise alla sua carriera di decollare. Iniziò ad avere grande successo in patria. Firmò un contratto vantaggioso con una casa di produzione, girando film come “L’ultima risata” (1924), “Tartufo” (1925) e “Faust” (1926). In questi film sperimentò nuovi posizionamenti della macchina da presa, per implementare effetti e tecniche narrative in fase di montaggio. Il successo lo portò negli Stati Uniti. Accettò la proposta del produttore americano William Fox di girare un film con il massimo della libertà, fuori dagli schemi commerciali. Ne nacque “Aurora” (1927), considerato uno dei suoi capolavori. Valse a Murnau quattro candidature e tre Premi Oscar.
Gli ultimi anni e la morte
Dopo anni di grande splendore artistico, il papà di Nosferatu rimase deluso dai vincoli che gli venivano imposti da Hollywood. Il cinema muto stava per essere sorpassato dall’avvento del sonoro. I suoi ultimi film furono tagliati e ricuciti per adattarli a questa nuova tecnologia. Ciò non bastò per trasformarli in dei successi. Si imbarcò nel progetto “Tabù”, film che lo portò ad indebitarsi. Poco prima della uscita in sala avvenne la sua morte: la macchina sulla quale era a bordo, guidata dal suo valletto e amante, si schiantò contro un camion. Murnau morì poche ore dopo. La sua orazione funebre fu tenuta da due suoi colleghi, mostri sacri del cinema espressionista come lui: Carl Mayer e Fritz Lang.
A.M.