Glass, sbanca al botteghino ma annoia il pubblico

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image via : img.maximummedia.ie

L’atteso Glass è uscito al cinema e il terzo film conclude una trilogia creata dal regista M. Night Shyamalan che ha voluto raccontare sul grande schermo il conflitto fisico e psicologico di 3 personaggi un po’ particolari. Il trio, composto da Samuel L. Jackson, Bruce Willis e James McAvoy, è un’improbabile combinazione di supereroi che in città non passa inosservata, così che una dottoressa (Sarah Paulson), si dovrà occupare di “lavorare” con la psiche dei personaggi e convincerli uno per uno che non dispongono di alcun potere. Bruce Willis è David Dunn, il “sorvegliante” e ha la capacità di rigenerarsi le ferite e ha una forza pazzesca. Vive andandosene in giro, aiutato dal figlio, compiendo giustizia privata e cercando di mantenere un basso profilo, anche se non sarà sufficiente per essere ignorato dalle autorità.

James McAvoy è Kevin Crumb, giovane schizofrenico e affetto da personalità multiple; una di queste è detta la Bestia ed è la più pericolosa. Kevin ha la capacità di mutare il proprio corpo e diventare un essere fortissimo e pericoloso, in grado di arrampicarsi sui muri come Spiderman e confrontarsi con David Dunn.

Il terzo e più misterioso è un intelligentissimo Elijah Price, un killer spietato, su una sedia a rotelle, affetto da una malattia rara e così invasiva che è chiamato appunto “uomo di vetro”, poiché le sue ossa sono così fragili da non reggersi nemmeno in piedi. È temuto soprattutto da David Dunn perché Elijah, ossessionato dai fumetti, è convinto che i supereroi esistono nella realtà e lui per scovarli e farli conoscere al mondo, è disposto a commettere attentati e stragi pubbliche per vedere se tra i sopravvissuti ci fosse qualcuno di speciale.

Bruce Willis e il regista M.Night Shyamalan durante le riprese del film – img via www.mpaa.org

L’incantevole Unbreakable (2000), nato come film a sé, apre la trilogia. Segue l’interessante ma non cosí brillante Split del 2016 e Glass ne è sicuramente il capitolo più brutto e deludente. Anche se viene recuperato gran parte del cast degli altri film, la storia e la sua logica non regge il messaggio del regista. La regia si rifà a quella di Unbreakable, film concettuale dalla struttura più psicologica che d’azione, sorretta dallo straordinario colpo di scena finale. Qui non c’è nessun colpo di scena ed è evidente che il film si sarebbe dovuto concentrare sulla narrazione che sull’analisi psicologica dei personaggi che conosciamo già. La mente, ovvero Samuel L. Jackson, si sveglia dopo un’ora di film e il resto è pura narrazione senza mostrare alcuno sforzo scenografico, registico (minimalista più del solito). Bruce Willis fa il suo e non è più protagonista come una volta, viene dominato da uno strabiliante James McAvoy che purtroppo si ritrova ad essere sopra le righe dato il vuoto che circonda i personaggi principali.

È tutto un già visto, i clichè non ci abbandonano fino alla fine e le speranze che possa venire fuori un messaggio così forte da sorreggere l’interno film è vano. La morale addirittura è al contrario di quello che ci si possa aspettare fino quasi fine film, ovvero che non serva avere dei superpoteri per affrontare le proprie responsabilità e senso del dovere, bensì nel finale si volta tutto spostando tutto sulla reale presenza nel mondo di persone con superpoteri e questi sarebbero i nostri supereroi … ?

Shyamalan non è a suo agio con i blockbuster, funziona e dirige alla grande quando narra con profonda intimità storie narrativamente choccanti ma psicologicamente rigeneranti e potenti, come Unbreakable, The Village, Lady in the Dark. Quando ha in mano prodotti come After Earth, E venne il giorno, L’ultimo dominatore dell’aria, è meglio che lasci la regia ad altri e si dedichi a sceneggiature più personali.

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