Tra luci e ombre, le sale dei cinema italiani si preparano a confrontarsi con la famigerata fase 3, come rilanciato dall’ANSA, le disposizioni governative riguardanti il post-pandemia obbligheranno i gestori al rispetto di normative stringenti, al fine di garantire la sicurezza sanitaria degli spettatori ma d’altro lato tali misure renderanno difficile la riapertura di molti piccoli cinema.
Per quello che riguarda i cinema e i teatri è stato deciso, un massimo di duecento spettatori al chiuso, mille all’aperto e mascherine per il pubblico, per gli operatori che organizzano l’accesso del pubblico e per gli artisti. Queste sono le misure previste dal decreto governativo del 17 maggio per la ripresa da lunedì 15 giugno di sale teatrali, cinematografiche e da concerto. Potremo sederci al fianco dei nostri congiunti, guardare il film senza mascherina ma la dovremo indossare per uscire dalla sala e saremo liberi di mangiarci i popcorn.
Di fatto in questo scenario, sarà sicura la riapertura dei multisala mentre i cine-club e le sale d’essai prive della possibilità di dare vita ad arene all’aperto, probabilmente opteranno per tenere chiuse le proprie utenze almeno fino a settembre continuando a resistere in qualche modo attraverso la programmazione streaming MioCinema o #Iorestoinsala.
In questo clima di crisi si prospettano tutt’altro che arcobaleni all’orizzonte e per darci il termometro della grottesca situazione italiana ci giunge dalle colonne del Corriere della Sera un’articolo di Gian Antonio Stella che ci riferisce di come la guerra tra poveri tra gli esercenti e i distributori italiani abbia già fatto le prime vittime.
Come riporta il giornalista i ragazzi dell’associazione FurgonCinema, che si prodigano per portare con il loro furgone il Cinema nei paesi devastati dal terremoto che colpì le Marche (che ancora attendono la ricostruzione), si sono visti rifiutare praticamente tutti i film (non nuovissimi, come In guerra per amore di Pif) con cui volevano donare ai cittadini delusi dalla ricostruzione qualche momento di distrazione dal sapore antico.
Il conflitto vede da un lato produttori, distributori ed esercenti messi a dura prova dal lock down, dall’altra parte della barricata, le associazioni culturali, che utilizzano il cinema come viatico e non per campare, in nome di una visione comunitaria e sociale della settima arte; la mancanza di un accordo sta portando alla cancellazione di tanti eventi di cinema “resiliente” che animavano i paesini italiani che spesso si trovano a distanze siderali dalla prima sala fruibile.
Lasciar aperte in questo momento le arene gratuite, secondo Piera Bernaschi, presidente Anec del Lazio, «è uno schiaffo in faccia e un insulto a tutti gli esercenti romani che stanno affrontando una situazione drammatica».
Durissima la risposta dei promotori delle iniziative territoriali, con in testa Valerio Carocci del Piccolo America: «Noi costiamo in tutto 600mila euro: 300 di contributi pubblici statali e regionali, 300 raccolti da sponsor privati. E portiamo al cinema gratuitamente centomila cittadini l’anno. Pagando regolarmente ai distributori i compensi pattuiti. Tra i 55mila e gli 80mila euro. Per fare un esempio: proiettare Sinfonia d’autunno di Bergman, film stupendo del ‘78 ma impossibilitato a fare qualunque concorrenza a un Men in black III, pagammo 1.220 euro. Insomma, non c’è stato mai regalato niente. Questa guerra non ha senso. La sola regione Lazio ha già dato, per le sole sale laziali, 640 mila euro. Più 9 milioni per le produzioni. Per non dire dei 245 milioni al cinema e al teatro (40 per le sale) più tutto il resto dal Mibact. Vogliamo fare paragoni? Eppure rischiamo di non poter aprire perché, dopo aver accettato già tre anni fa di non proiettare film della stagione corrente ci è stata fatta una guerra totale. A partire proprio dalla Rai, che pure è pubblica e dovrebbe essere aperta a chi offre cultura gratuita senza mettersi in concorrenza con i film appena usciti».
Mentre l’eterna “commedia all’italiana” segue i suoi canoni, trasportandoci in un presente che ha sempre di più il gusto di una distopia parossistica, dove il significante è sottomesso a un continuo ribaltamento, obbligato a fare i conti con un sistema a dir poco kafkiano, ci giungono dei segnali di speranza da quell’isola felice che è l’Emilia Romagna.
Tre buone notizie per tornare a sorridere parlando di cinema: è avviato il cantiere dell’ex parcheggio Giuriolo, futura sede dell’Archivio film della Cineteca di Bologna e del laboratorio di restauro cinematografico L’Immagine Ritrovata; è realtà la manifestazione Sotto le stelle del cinema, che porterà anche in questa difficile estate il cinema nella sala più bella del mondo, Piazza Maggiore, ipotizzando un numero di 1.000 spettatori a sera e disegnando un programma che copra un arco di tempo uguale a quello degli scorsi anni, con più di 50 serate, dal 4 luglio al 1° settembre; e il festival Il Cinema Ritrovato si farà alla fine di agosto.
Tutto grazie all’impegno e al lavoro, delle donne e degli uomini della Cineteca di Bologna che sanno fare sistema con il Comune di Bologna e la Regione Emilia-Romagna.
S.V.