I dolori del “giovane” Venom
Vademecum su come NON fare cinecomics in 3 punti
Giovedì 4 ottobre 2018 è uscito “Venom”, film targato Sony, in collaborazione con Marvel e con protagonista Tom Hardy. La diatriba economica dietro i diritti dell’universo di Spider-Man, di cui il personaggio protagonista fa parte, non si è ancora risolta, e la Sony ha deciso di utilizzare la situazione cercando di tornare a far parlare di sé producendo una pellicola su uno dei villain del fumetto più amati di sempre, Venom. Egli è un simbionte, specie aliena che ha bisogno di un ospite per sopravvivere, che si impossessa del corpo del reporter Eddie Brock. Il film inizia con le stesse premesse del fumetto ma naufraga inesorabilmente in un kitsch anni Novanta, vediamo come:
1) Hanno ucciso (artisticamente) l’uomo ragno
Si sa, un film non può mai essere uguale identico al fumetto/libro da cui è ispirato, questo però non giustifica la totale assenza di fattori chiave sull’ origine del personaggio di cui si parla. Infatti Venom, storico nemico di Spider-Man dal quale prende forma e modella i poteri, qui è costretto ad avere un’origine “solitaria”, in un universo in cui l’Arrampicamuri non esiste. Questo quindi porta il film ad avere un enorme buco di trama iniziale lapalissiano anche per chi non mastica fumetti. Le sembianze e i poteri di Venom, infatti, vengono dati per scontati, portando spesso e volentieri lo spettatore a domandarsi più volte -Sì…ma perché?!- senza trovare alcuna risposta. La mancanza di Peter Parker si aggiunge già ad una controparte di Venom, interpretata da un inespressivo Riz Ahmed, poco convincente e molto stereotipata che ha reso quasi la pellicola senza un villain vero e proprio.
2) Tanto nero poco Venom
Oscurità, questa è una delle parole che vengono in mente durante la visione di questo film. La fotografia in tutte le scene predilige sempre colori freddi e cupi per rimarcare la tensione e drammaticità della vicenda. Peccato, però, che una delle cause principali che rendono pressoché inutile questo tentativo di dare un tono serio alla storia sia il protagonista stesso. Venom non è Venom, il mostro alieno sbrana-umani, qui, è diventato una macchietta con il pallino per il cannibalismo ma che, quando non combatte, passa il tempo a prendere in giro il suo ospitante e a dargli consigli amorosi su come riunirsi con la propria ex (chi ha visto il film capirà). Sicuramente non è sbagliato far affiorare un sorriso allo spettatore tra una scena drammatica e l’altra, ma è proprio quando si sente che lo sceneggiatore si “sforza” a rendere simpatico un personaggio, che si rischia di renderlo ridicolo. Soprattutto se si parla di un villain del già esistente e perlopiù famoso per la sua drammaticità e brutalità. La violenza inoltre è un altro grande punto di domanda del film. Venom schiaccia, picchia, sbrana i nemici, ha artigli, è gigantesco ma per una scelta molto opinabile, non si vede una goccia di sangue o cadavere per tutta la durata della pellicola. È come se gli sceneggiatori avessero cercato di portare sullo schermo la violenza di Venom cercando di “edulcorarla” non facendo vedere gli effetti di essa sulle persone, non riuscendo così a dare un tono deciso alla narrazione rendendola un polpettone insipido.
3) “Questa trama va in onda in forma ridotta per venire incontro alle vostre capacità mentali”
I film tratti dalle origini dei supereroi, tranne poche eccezioni, non spiccano mai per la complessità o profondità della trama. Da una parte perché, trattando di supereroi, devono essere capibili e apprezzabili dalla maggior parte degli spettatori, dall’altra devono riuscire a introdurre un personaggio che potenzialmente può essere protagonista di altri film successivi a quello iniziale. Venom esaudisce questa caratteristica fin troppo alla lettera. La struttura della trama rimanda ai primi film sui supereroi a cavallo tra gli anni ‘90 e 2000 in cui non si sapeva ancora quali fossero i canoni tematici di un cinecomic e quindi si cercava di rendere le vicende sempre più semplici poiché la letteratura fumettistica, già in quegli anni, era profonda e complessa. Oramai da quel periodo sono passati più di vent’anni e il ripetersi delle medesime dinamiche in un film del 2018 fa storcere un po’ il naso poiché sotto la patina del film semplice, spesso si annida la svogliatezza di raccontare una storia chiara in maniera originale, preferendo utilizzare modelli di trame già esistenti “tanto le persone lo andranno a vedere comunque”. Da quanto visto stasera (la sala era semivuota nonostante oggi fosse il Day One), questa tecnica sta cominciando a dimostrare le proprie debolezze, anche per via della nascita di strutture narrative ben più complesse ma allo stesso tempo capibili da tutti (si veda tutto il comparto di film Marvel dal 2018 ad oggi).
Concludendo “Venom” non è un film tanto brutto da non poter essere visto ma nemmeno tanto bello da diventare emblema dell’industria dei cinecomics. Quello che porta a denigrare la pellicola è il fatto che il potenziale che il personaggio ha nel fumetto non è stato trasposto, se non in infinitesima parte, sul grande schermo. Si lascia la sala con un certo sapore amaro in bocca, non solo derivato dal fatto di aver visto un film dimenticabile ma che quello che hai dimenticato costituisce, nel mondo del fumetto, una delle colonne portanti di esso, nonché fonte di ispirazione per tutti i villain che sono nati successivamente. Forse questo è stato solo un passo falso, forse siamo rimasti abbagliati dalle innumerevoli pubblicità (per questo film anche troppe) riguardanti quest’opera, ma un dubbio sorge spontaneo: se le strade del Cinema sono infinite, presto o tardi, riusciremo a vedere un film su questo villain degno di questo nome, che ci faccia pensare davvero “We are Venom”?
articolo a cura di Riccardo Raffo