Anche se il nostro Magazine tratta di Cinema, non possiamo in questo caso non parlare della pandemia in corso, poiché la situazione è particolarmente drammatica ed anche il mondo dei film ne risente; proiezioni sospese in tutte le sale e film la cui uscita viene posticipata.
E così in questi momenti concitati, mentre le norme da seguire spesso risultano contraddittorie:“Volevo nascondermi” il biopic dedicato alla vita del pittore Antonio Ligabue, diretto da Giorgio Diritti e con un grande Elio Germano che nel ruolo del visionario ed emarginato pittore ha meritatamente vinto il premio come miglior attore all’ultima Berlinale ; non ha nessuna voglia di nascondersi ed è uscito nelle sale (distribuito da 01) fin dal 4 marzo scorso, con la crisi per il Corona Virus che cresceva.
Mentre il nuovo film di Carlo Verdone “Si vive una volta sola”, presentato a Roma lo scorso febbraio, ha preferito far slittare la propria uscita, anche se possiamo vedere sui cartelloni e sugli autobus la pubblicità dell’ultima fatica dell’inossidabile regista-attore romano.
Come ben sappiamo ad oggi tutte le sale italiane sono chiuse. A Genova siamo stati testimoni del fatto di come alcuni cinema siano rimasti aperti, e altri abbiano chiuso fin da subito, prima dell’editto sanitario del Presidente Conte.
Per un comparto come quello dell’industria cinematografica nostrana, in perpetua crisi, ci troviamo difronte ad un dramma nel dramma, soprattutto per le piccole realtà, come quelle dei cinema d’Essai che sgobbano e faticano per far fronte ai multisala e alle programmazioni main stream, garantendoci visioni di pellicole che se non fosse per il loro lavoro, non potremmo goderci.
Quindi ci stringiamo attorno in modo particolare agli amici del Cinema Cappuccini e del Tempietto, a cui auguriamo di poter riprendere il proprio lavoro al più presto.
E mentre pensiamo un po’ troppo al romanzo “La Peste” di Camus e vediamo onnipresente su riviste e quotidiani l’immagine dell’affresco medioevale palermitano Il Trionfo della Morte (XV sec.), cerchiamo di essere positivi e speriamo di distrarvi con la nostra recensione di: “Volevo nascondermi”.
Lo chiamavano “El Tudesc”, poiché figlio di un’emigrante italiana, ma sarà espulso dalla Svizzera per i suoi problemi psichici, un soprannome che voleva sottolineare la distanza tra il pittore Antonio Ligabue e il mondo rurale e provincialotto che lo circondava; era: diverso, straniero, matto, agli occhi dei suoi concittadini.
Fin dall’infanzia Ligabue affronta una vita faticosa, affidato alle cure di famiglie adottive che non lo comprendono e manicomi che non lo curano.
Nella prima scena del film di Diritti lo vediamo in cerca di un rifugio sotto la coperta di un sanatorio, il mondo degli uomini non lo vuole, la sua è un’esistenza sofferente, priva d’amore.
La disperazione di Ligabue ci viene mostrata in modo totale, dalla tensione recitativa di Elio Germano che con tutto sé stesso ci restituisce gli occhi e le movenze di: un’artista in cattività, un’animale ferito, diffidente, dallo sguardo languido che la paura può spingere a veri e propri assalti, trepidanti esplosioni d’essenza selvaggia.
Non secondario nell’interpretazione di Germano il trucco sporco e realistico di Lorenzo Tamburini.
La regia di Diritti trova il suo approdo nel continuo confronto e sforzo di superamento dello sceneggiato televisivo RAI del 1977 diretto da Salvatore Nocita e interpretato dal recentemente compianto Flavio Bucci.
Diritti sceglie una regia concentrata sulla ricostruzione storica, con una meticolosa cura per i particolari, restituendoci con freddezza l’Emilia-Romagna fascista dell’epoca, ma soprattutto una natura ancora selvaggia, fatta di boschi, di torbide anse di fiume, e visi di comparse e personaggi minori degni di un film di Olmi che raccontano con i loro zigomi l’anima di una terra.
Eppure, per quanto si tratti di un bel film, non si può non registrare come uno smodato utilizzo dei flashback complichi una ricostruzione sincera della vita del pittore visionario, soprattutto viene adombrato il racconto del momento di rivalsa del Ligabue, che grazie al successo ottenuto verrà finalmente compreso dai suoi concittadini di Gualtieri, e l’accettazione delle sue “stranezze” da parte di chi gli sta attorno, porterà ad un miglioramento generale della sua vita, con un conseguente affievolirsi e quasi scomparire delle crisi.
Evidentemente Diritti ha voluto concentrarsi sulla drammaticità del personaggio, che poi è fondamentalmente il carattere che sta alla radice dell’uomo Ligabue, che come un reietto per gran parte della sua vita ha solo desiderato di nascondersi ma per fortuna nostra che ancora oggi possiamo vedere i suoi quadri, ha saputo mostrarsi.
Stefano Verardo