A 2 anni dall’uscita del primo capitolo e a 2 mesi da Halloween, ecco sbarcare nelle sale il secondo capitolo di It, che tanto ha raccolto nelle sale e non meno ha fatto discutere nei mesi successivi, lasciando però il tempo più alle citazioni di backstage che a quelle rivolte direttamente alla pellicola. In questo articolo vorrei riassumere la recensione di entrambi i capitoli, avvicinandoli come fossero un unico film, il modo corretto di vederlo come trasposizione dal libro. Tralasciando il confronto diretto con il libro, ove cambia l’anno di ambientazione, dagli anni Sessanta agli anni Ottanta per i giovani, e dagli Novanta a quelli di oggi per gli adulti, la struttura rimane fedele e soprattutto in questo secondo capitolo, la morale e il messaggio di King, bucano lo schermo e arrivano direttamente allo spettatore con una forza inaspettata e così distante dalla regia e dai contenuti del primo capitolo, che ha creato una differenza fortissima tra le due pellicole.
Andrés Muschietti e Gary Daubermann, regista e sceneggiatore, stravolgono la struttura narrativa del film e concentrano la forma dell’horror in 3 scene distinte e mostruosamente belle e interessanti ovvero il prologo, dalla fotografia e dall’imbastitura solide e classiche, l’apparizione di It a Jessica Chastain (Beverly Marsch adulta) quando va a visitare la sua vecchia casa di famiglia e ove trova una curiosa vecchina, e il gran finale, ove sono stati concentrati il budget per gli effetti speciali ma anche tutta la capacità registica di narrazione e di non ridicolizzare i momenti salienti del libro che sullo schermo potevano risultare ridicoli, come nella versione del 1990 con l’indimenticabile Tim Curry. Anche Bill Skarsgard s’impone ed è vincente sulla scena, più matura e composta la sua presenza, grazie a una direzione degli attori migliorata, ma ne risponde in positivo tutto il film, che regala veri momenti di paura non legati allo jumpscare ma all’atmosfera e alle situazione, facendo volare inaspettatamente (da parte mia) le oltre 2 ore e mezza ed esplicitando al meglio il messaggio di Stephen King, che ci regala anche un simpatico e lungo cameo. Il finale ripaga decisamente tutta la pellicola, mettendola tra i migliori horror dell’anno senza rimpiangere la versione TV.
Alessandro Bellagamba
A 2 anni dall’uscita del primo capitolo e a 2 mesi da Halloween, ecco sbarcare nelle sale il secondo capitolo di It, che tanto ha raccolto nelle sale e non meno ha fatto discutere nei mesi successivi, lasciando però il tempo più alle citazioni di backstage che a quelle rivolte direttamente alla pellicola. In questo articolo vorrei riassumere la recensione di entrambi i capitoli, avvicinandoli come fossero un unico film, il modo corretto di vederlo come trasposizione dal libro. Tralasciando il confronto diretto con il libro, ove cambia l’anno di ambientazione, dagli anni Sessanta agli anni Ottanta per i giovani, e dagli Novanta a quelli di oggi per gli adulti, la struttura rimane fedele e soprattutto in questo secondo capitolo, la morale e il messaggio di King, bucano lo schermo e arrivano direttamente allo spettatore con una forza inaspettata e così distante dalla regia e dai contenuti del primo capitolo, che ha creato una differenza fortissima tra le due pellicole.
Andrés Muschietti e Gary Daubermann, regista e sceneggiatore, stravolgono la struttura narrativa del film e concentrano la forma dell’horror in 3 scene distinte e mostruosamente belle e interessanti ovvero il prologo, dalla fotografia e dall’imbastitura solide e classiche, l’apparizione di It a Jessica Chastain (Beverly Marsch adulta) quando va a visitare la sua vecchia casa di famiglia e ove trova una curiosa vecchina, e il gran finale, ove sono stati concentrati il budget per gli effetti speciali ma anche tutta la capacità registica di narrazione e di non ridicolizzare i momenti salienti del libro che sullo schermo potevano risultare ridicoli, come nella versione del 1990 con l’indimenticabile Tim Curry. Anche Bill Skarsgard s’impone ed è vincente sulla scena, più matura e composta la sua presenza, grazie a una direzione degli attori migliorata, ma ne risponde in positivo tutto il film, che regala veri momenti di paura non legati allo jumpscare ma all’atmosfera e alle situazione, facendo volare inaspettatamente (da parte mia) le oltre 2 ore e mezza ed esplicitando al meglio il messaggio di Stephen King, che ci regala anche un simpatico e lungo cameo. Il finale ripaga decisamente tutta la pellicola, mettendola tra i migliori horror dell’anno senza rimpiangere la versione TV.
Alessandro Bellagamba