La produzione del film di Terry Gilliam venne finanziata nel 1998, ma terminò solamente nel 2017. Uno degli iter creativi fra i più travagliati nella storia del cinema, fra alluvioni, defezioni attoriali e perdita dei diritti d’autore.
Era il 1998 quando al regista Terry Gilliam venne affidato il compito di girare il film L’uomo che uccise Don Chisciotte. La pellicola, con protagonista Jean Rochefort come Don Chisciotte e Johnny Depp nel ruolo del co-protagonista Toby Grisoni, avrebbe dovuto dare una nuova chiave di lettura al famoso romanzo picaresco di Miguel de Cervantes. Dalla pre-produzione alle prime riprese passarono due anni, e nel 2000 la troupe, con attori al seguito, si ritrovò in Spagna. Precisamente in una zona deserta a nord di Madrid, nei pressi di una base militare.
Qui iniziò una serie di sciagure incredibili, che crearono uno dei casi più celebri di development hell. Il termine è utilizzato nell’industria cinematografica per definire un progetto ostico, che spesso torna al punto di partenza, in un vero e proprio inferno produttivo. Il primo ostacolo rilevato fu il ritiro di una parte dei fondi necessari alla produzione del film, deciso da un investitore non troppo convinto dal progetto. Questo destabilizzò il regista stesso, che tenendo però fede allo spirito donchisciottesco della produzione, non si fece piegare da questo gigantesco imprevisto.
Successivamente i problemi furono causati da una serie di inconvenienti, difficilmente risolvibili in fase di ripresa. L’uomo che uccise Don Chisciotte iniziava a assumere le sembianze di un film impossibile da girare.
Degli aerei militari F-16 sorvolavano costantemente il set, rendendo l’audio inutilizzabile. Un forte nubifragio colpì la zona delle riprese, costringendo il regista e i membri della troupe a sospendere per giorni la lavorazione. Al loro ritorno, le dorate dune sabbiose della zona, furono cancellate dalla tempesta, lasciando spazio a una viscosa distesa di scuro fango. Questo rese impossibile ambientare sul luogo alcune scene cardine della pellicola.
Come se non bastassero la furia militare e quella della tempesta, intervenne a sfavore della produzione della pellicola anche un grave problema di salute, accorso all’attore protagonista: Jean Rochefort. Il francese fu colpito da un’acuta infiammazione alla prostata, che lo costrinse al ritiro. A quel punto la situazione divenne disperata. Terry Gilliam ci mise quasi due anni a individuare l’artista che potesse interpretare il suo Don Chisciotte, salvo poi vederlo allontanarsi dal progetto per questa grave patologia.
Lo stesso Jean Rochefort impiegò sette mesi per imparare il copione in inglese, lingua che non aveva mai parlato in precedenza.
Il suo ritiro segnò il naufragio della pellicola. La compagnia di assicurazione rilevò i diritti d’autore della sceneggiatura per rimborsare i creditori. Terry Gilliam e compagnia rimasero con un pugno di mosche. Questa travagliata fase della produzione è magistralmente raccontata nel documentario Lost in La Mancha. La voce narrante di Jeff Bridges ci guida fra le riprese di backstage del film “mancato”, dove vengono evidenziate alla perfezione tutte le disavventure che colpirono set, troupe e attori.
Il documentario ha un sequel, chiamato He Dreams of Giants, che racconta l’altrettanto infernale periodo dal 2002 fino al 2018, anno (finalmente) in cui la pellicola ha visto la luce. A questo punto, anche solo per rendere omaggio allo stoicismo del regista Terry Gilliam, dovreste guardarvi il risultato finale di questa incredibile epopea: L’uomo che uccise Don Chisciotte (2018), con protagonisti Adam Driver e Jonathan Pryce. Potete guardarlo cliccando QUI, o acquistando il Blu-Ray ad un prezzo imbattibile.