Christian Poveda si immerse per due anni nella realtà delle “Maras” di El Salvador. “Pandillias” criminali che da decenni spargono sangue per le strade del paese centramericano, in una continua lotta fra gang.
Era circa la metà del primo decennio degli anni 2000, quando Christian Poveda, fotografo e giornalista spagnolo naturalizzato francese, decise di dedicare il proprio tempo ad un progetto che raccontasse la vita dei membri di due delle più temute “gang” a livello mondiale: i “Mara 18” e i “Dieciocho“.
Gruppi criminali d’istanza in El Salvador, piccolo paese centramericano, stretto fra Guatemala e Honduras, affacciato sull’Oceano Pacifico. La storia di queste formazioni è abbastanza particolare, in quanto non propriamente native di quella zona d’America e spesso diffuse su base transnazionale. I membri fondatori di queste bande armate di narcotrafficanti e sicari, nascono infatti negli Stati Uniti D’America, da emigrati salvadoregni e messicani. Negli anni 90′ il governo USA decise di rimpatriarne il più possibile. Così vennero rimandati in El Salvador, dove ci finirono anche cittadini di altre nazionalità, in un controesodo alquanto confusionario.
Nel paese centramericano trovarono terreno fertile per i proprio affari e per lo scatenarsi di una sanguinosa e spietata guerra per la spartizione del territorio e del narcotraffico. Poveda riuscì ad entrare in contatto con alcuni membri della “Mara 18” e gli spiegò l’intenzione di seguirli per molto tempo, “armato” solo di videocamera. Questi acconsentirono alla riprese, dettando alcune linee guida alla quale il documentarista si sarebbe dovuto attenere.
Durante la documentazione, Poveda ebbe la visione di un documentario più unico che raro, mostrando la scioccante vita quotidiana dei membri di questi gruppi criminali.
Decise di farlo in modo silenzioso e mai invadente. Senza fornire opinioni personali, senza raccontare alcunché: semplicemente mostrando. Riprese matrimoni, compleanni e funerali. Scene di estrema e immotivata violenza e momenti di intimità. Scavò a fondo nell’apparenza dei “Mara 18“, quasi a voler mostrare una realtà quotidiana come molte altre. Solo che in quella realtà nascere in un gruppo, sanciva la condanna a morte da parte di un altro gruppo. Una normalità nella quale chi compiva gli anni il giorno prima, poteva finire in una cassa di legno il giorno dopo, colpito a morte dalla banda rivale. O dove una donna può normalmente recuperare un occhio di vetro, per sostituire quello vero, portatogli via da un conflitto a fuoco.
Poveda uscì incolume da questa immersione totale nel cruento mondo delle “Maras“. Montò il proprio documentario, che venne pubblicizzato in modo capillare e presentato al San Sebastian International Film Festival nel 2008, portando alla luce fatti inediti all’opinione pubblica mondiale e raccogliendo attorno a sé una enorme curiosità. Tornò in El Salvador nel 2009, proprio quando stava per uscire ufficialmente in Francia il suo documentario. Qui venne avvicinato dagli stessi uomini che avevano acconsentito alle riprese e freddato con un colpo di pistola alla nuca. I “Mara 18” decisero che il suo documentario aveva destato troppo scandalo in El Salvador, movimentando opinione pubblica e forze di polizia contro di loro e screditandoli agli occhi dei gruppi rivali.
Oggi, nell’anniversario del suo compleanno, vogliamo ricordarlo con questo articolo. Offrendovi la possibilità di visionare il documentario “La Vida Loca“ cliccando QUI.
A.M.