Per molti era il “vecchio eterno” che dal 1974, l’anno de “L’esorcista”, ha mantenuto quel volto mitico per 50 anni (a 40 anni fu truccato così bene per fare il prete esorcista della pellicola che molti credettero che il volto fosse così al naturale); dall’altro invece era il simbolo del cavaliere laico, il crociato di Ingmar Bergman, che a 28 anni, ne “Il settimo sigillo” fece un passo nella storia del cinema e non ne uscì più, perché fino a ben oltre gli ottant’anni ha continuato a calpestare il set portando nei suoi personaggi quella strepitosa presenza luminosa, ancor più esaltata dal suo svedese metro e 92. Ha girato oltre un centinaio di film, impersonando protagonisti, antagonisti, personaggi di secondo e terzo piano, apparizioni veloci, perfino un doppiaggio per il quale non è stato accreditato (rendendo ancora più iconico il malvagio Vigo il Carpatico di Ghostbusters 2), ma ha sempre lasciato il segno, anche nelle pellicole meno efficaci.
Prima di lavorare per diversi e grandi registi (John Huston, George Roy Hill, William Friedkin, Sydney Pollack) , è stato l’interprete feticcio di Ingmar Bergman, che lo ha diretto in: Il settimo sigillo (1957), Il posto delle fragole (1957), Alle soglie della vita (1958), Il volto (1958), La fontana della vergine (1960), Come in uno specchio (1961), Luci d’inverno (1963), L’ora del lupo (1968), La vergogna,(1968), Passione (1969), L’adultera (1971). Ha lavorato anche per registi italiani, come nel 1976 con Valerio Zurlini per Il deserto dei Tartari e con Francesco Rosi per Cadaveri eccellenti. Numerosi i grandi registi che hanno lavorato dagli anni Settanta con lui, da Steven Spielberg, Dario Argento, John Boormann, John Milius, Martin Scorsese, Woody Allen, Ridley Scott e la lista è lunga perché la sua carriera, di quasi 70 anni, è sempre stata di alto e altissimo livello.
Purtroppo le grandi icone del cinema, dall’alto della loro genialità che hanno sempre portato con sè, se invecchiano troppo, vedono abbassarsi le imprese artistiche sotto i loro occhi, e spesso, come ancora oggi accade ai mostri sacri ancora vivi (e non solo, grazie alle nuove tecnologie), diventano lo strumento su cui far leva per gettare valore puramente commerciale sui film da supermercato. La morte e gli anniversari di questi giganti della Settima arte sono l’occasione imprescindibile per ricordarli e mantenerli in vita, per ciò che loro hanno dato al cinema e che continuano a dare a noi pubblico.