“Quando la gente si trova spinta al limite, stai pur certo che ne verrà fuori il meglio o il peggio”, questo era il motto personale di Joel Schumacher, il regista 80enne che si è spento pochi giorni fa dopo aver combattuto il cancro per oltre un anno.
Schumacher è stato un artista controverso, discusso, sempre sospeso tra le produzioni indipendenti e i blockbuster, criticato per le eccessive scelte kitsch di inquadrature, costumi e scelte scenografiche.
Per lui è sempre stato decisivo e influente il reparto costumi, da cui Schumacher parte e sviluppa i propri gusti e stili e negli anni Settanta, quando arriverà a lavorare anche per Woody Allen nei film Il dormiglione e Interiors.
Nel 1987 si fa conoscere a livello globale con il successo di Ragazzi perduti, un film che adotta l’ambientazione horror e vampiresca per raccontare problemi adolescenziali nella California anni Ottanta.
Qualche anno dopo torna a dirigere Kiefer Sutherland in Linea mortale, includendo nomi di rilievo nel cast come Julia Roberts e Kevin Bacon, ma nel 1993 consacrerà il suo successo e il suo posto tra i registi di rilievo con Falling Down, ovvero Un giorno di ordinaria follia. Dirigendo magistralmente Michael Douglas, Schumacher crea un’iperbole di follia nel panorama losangelesco dei primi anni Novanta, realizzando inquadrature e scene che sono diventate icona e metafora di una discesa agli inferi per vari gironi che descrivono il panorama razziale e capitalistico americano. Indimenticabile inoltre la citazione della scena iniziale a 8 e ½ di F.Fellini.
Schumacher sostituirà Tim Burton, che resterà come produttore, del terzo e quarto capitolo di Batman: Batman forever e Batman & Robin. I film purtroppo sono un ibrido tra il mondo visionario di Burton che aveva creato per l’uomo pipistrello di Bob Kane, e il peso dei “televisivi” anni Novanta che hanno trasformato la cinematografica graphic novel in due episodi da cartone animato. Si dovrà aspettare Cristopher Nolan per rivedere splendere il bat-segnale e tornare a sognare.
Con 8mm, delitto a luci rosse, Schumacher torna al film di genere sporco e metropolitano, dirigendo Nicolas Cage, ma in una pellicola scialba, che non riesce a impennare e trova solo un piccolo successo marginale che metterà il regista in ombra fino allo splendido In linea con l’assassino, con Colin Farell e una cabina telefonica.
Joel Schumacher sa girare perfettamente ed è un esperto direttore del ritmo e della narrazione, soprattutto quando l’ambiente e l’atmosfera coincidono con l’anima del film e le scelte sono estreme, come qui, girato tutto in una cabina telefonica nel cuore di Manhattan.
Gran successo e ritorno di botteghino, che gli permetteranno di girare il costoso e sfarzoso Fantasma dell’opera, che però si rivelerà un cospicuo flop. Dovrà dirigere Jim Carrey in Number 23, in bilico tra l’horror blockbuster e una fine trasposizione da graphic novel, per riconquistare il pubblico, ma la pellicola pare più un vento di speranza che un bel thriller, poichè non c’è originalità ed è tutto un po’ decadente, per quanto sia rilevante la bravura di Jim Carrey e l’atmosfera riesce a coinvolgere lo spettatore, finché non si svelano gli altarini della banale sceneggiatura.
Schumacher torna a dirigere Nicolas Cage nel 2011, accanto a Nicole Kidman, in Trespass, un thriller a basso costo che cerca di rendere giustizia alla potenza del regista, quando si tratta di creare un’emozione all’interno di pochi ingredienti concentrati in un solo spazio e in un’unica direzione.
Poliedrico e spigoloso, non ha mai avuto la completa libertà di muoversi nelle grandi produzioni, e probabilmente è stato questo a rovinare la sua immagine e ad associarlo alla sporcatura dell’icona di Batman, ma d’altra parte, altre pellicole come Un giorno di ordinaria follia e In linea con l’assassino, rimarranno orizzonti di un pubblico che vuole che il cinema sia strumento e veicolo per svuotarsi dal perbenismo sociale e alienante, per poter divincolarsi, almeno per un’ora e mezza, da quella forma borghese e asettica che anche il cinema ogni tanto veste, per concentrare un unico ma forte messaggio, lanciato a 300 all’ora verso lo spettatore e l’utopia visionaria del regista.
Ci mancherai Joel.
A.B.