Dopo la retorica da Pandemia, ora ci troviamo a che fare, con virologi da talk show che si divertono a contraddirsi, con previsioni meteorologiche ed economiche che giocano con le nostre coronarie, mentre non si capisce ancora bene come andranno le cose, è bene fin da subito mantenere viva la memoria di quei lunghi giorni passati in casa, che hanno lasciato pesanti strascichi nei nostri animi e soprattutto nei nostri portafogli.

Mentre il mondo del lavoro e della grande industria era bloccato, c’era chi tutte le mattine volente o nolente si alzava per inforcare la propria bicicletta e consegnare cibo e non solo alle nostre abitazioni, erano i rider, una bistrattata categoria lavorativa che raramente vede riconosciute garanzie fondamentali e salari dignitosi.

I rider, durante il lockdown hanno continuato a fare consegne, hanno goduto delle strade vuote ma si son dovuti confrontare quotidianamente con un elevato rischio di contagio.

Il centro della pandemia era la Lombardia, e Milano di tutte le città italiane è la capitale del food delivery e di conseguenza dei rider tricolore. Proprio dell’esperienza dei rider milanesi ci parla il documentario Riders Not Heroes, ideato e prodotto da 2050plus e dashorama, che hanno avuto la collaborazione dell’artista milanese Lupo Borgonovo, che ha lavorato come rider proprio in quel travagliato momento.

Il documentario è stato presentato in anteprima su Not in Paris, una mostra on-line curata da Highsnobiety, legata alla fashion week di Parigi.

Il documentario ci mostra come alla pari di infermieri, cassiere del supermercato e forze dell’ordine questi lavoratori definiti “essenziali” dai creatori del documentario, hanno lavorato in un’atmosfera distopica e lunare.

Le interazioni con i gestori dei ristoranti, con i clienti e con gli altri rider, le riprese di Borgonovo sovrappongono il quotidiano delle consegne, alla drammaticità del momento, le notizie dei morti, le news dei telegiornali e il cambiamento delle condizioni dei rider, il licenziamento di 3500 lavoratori/ciclisti da Uber Eats. Un ritratto di una realtà per molti nebulosa, più del 40% dei rider milanesi sono migranti africani,di un’età tra i 22 e i 30 anni. Il 15% sono invece asiatici, e il 5% sudamericani, non si tratta di hipster che si divertono ma di gente che si suda il pane e come tali vanno considerati.

Il documentario si conclude, con un definitivo affondo realistico, le immagini del corteo dei rider del 19 giugno a Milano: che invocava una sanatoria, e contro la decisione, vista da molti come discriminante da parte di Trenord (Regione Lombardia), di non ammettere le biciclette sui proprio treni. Ma grazie alla civile protesta di Deliverance Milano, Trenord ha da poco annunciato che metterà a disposizione delle carrozze a uso esclusivo per il trasporto biciclette nei treni sulle direttrici a maggiore frequentazione, e negli orari di maggiore affluenza da parte dei rider.
Per vedere questo short doc. cliccate qui
Quindi grazie a tutti i rider per il loro lavoro sempre, non solo durante il lockdown.
Stefano Verardo