Il mondo del Cinema , in Italia continua ad essere in fermento, ma soprattutto sta dando vita a diverse iniziative che mirano ad accrescere le tutele e i diritti di chi lavora scrivendo e creando cinema e arte, dopo le lettere aperte dei documentaristi e delle sale cinematografiche, ora è il momento degli autori, che fanno notare come la nuova direttiva europea sui diritti d’autore che mirava a riequilibrare il mercato, in Italia sia stata distorta a tal punto da non recare nessun cambiamento.
Con la crisi che travolge ogni comparto dell’industria cinematografica e artistica numerosi autori hanno sottoscritto questa invocazione diretta al Ministro Franceschini.
Ecco il testo dell’appello degli autori del cinema e dell’audiovisivo promosso dall’associazione 100autori con WGI (Writers Guid Italia):
Gli autori italiani stanno subendo un gravissimo attacco ai loro diritti nella partita più importante per il loro futuro.
La Direttiva Copyright è stata approvata dal Parlamento Europeo con la precisa intenzione di sanare una distorsione di mercato e permettere agli autori di film e serie tv di partecipare al successo economico delle opere da loro create, con particolare riferimento allo sfruttamento delle grandi piattaforme digitali.
Eppure nella sua imminente applicazione italiana la legge rischia di non portare alcun beneficio ai nostri autori dell’audiovisivo.
Perché?
Nel testo della legge italiana per recepire la direttiva, attualmente in discussione in Senato – un testo in merito al quale nessun autore è stato fin qui consultato – non si parla solo di diritto d’autore, ma anche di aventi diritto: ovvero di coloro che i diritti li hanno acquistati a monte. In altre parole, i produttori.
E questo, unito al fatto che nel testo di questa legge sia stato totalmente omesso qualunque riferimento agli articoli 18 e 19 della direttiva dedicati agli autori, impone un’immediata mobilitazione dei registi e degli sceneggiatori.
Se fosse declinata a vantaggio degli “aventi di diritto” e “stralciando” la posizione degli autori, il più importante strumento di difesa a disposizione degli autori europei nella guerra impari con le piattaforme digitali verrebbe deviato in Italia dal suo senso originario, ignorando gli interessi in difesa dei quali è stato pensato.
L’ITALIA NON È UN PAESE PER AUTORI?
Si prefigura dunque un ulteriore danno per gli autori italiani, dopo che la Legge Franceschini ha abrogato i contributi automatici sugli incassi cinematografici a loro destinati – col risultato che l’Italia oggi è tra i pochi Paesi al mondo in cui sceneggiatori e registi non si vedono assegnata dalla legge una percentuale sul box office delle loro opere.
E dopo che anni di consuetudini hanno fatto sì che gli autori – la parte più debole nelle trattative – sono costretti a rinunciare per contratto alle percentuali previste dalla Legge sul Diritto d’Autore (633/41), quale ad esempio l’art. 46.
E dopo che l’equo compenso sui passaggi tv delle opere è messo a rischio dalle recenti richieste dei broadcaster, che prendono come pretesto il danno causato dalla pandemia per mettere in discussione quanto maturato dagli autori, una categoria oggi in estrema sofferenza per via del blocco dei set.
In questo panorama di oggettiva difficoltà, la Direttiva Copyright deve rappresentare per gli autori italiani l’uscita dal Medioevo e l’avvento di un Rinascimento del diritto d’autore dove le grandi OTT – e non solo – siano finalmente obbligate a condividere gli enormi proventi maturati con la diffusione planetaria delle opere con gli autori che le hanno create, e che rappresentano la parte più preziosa e vitale di un settore in enorme crescita (anche durante la pandemia gli abbonamenti ai servizi di streaming sono considerevolmente aumentati).
Perché questo avvenga, gli autori chiedono con forza che nella applicazione italiana della Direttiva Copyright sia specificato:
• che la quota percentuale da destinare agli AUTORI sia fissata per legge, con un minimo inderogabile;
• che il riconoscimento di questa quota percentuale sia inderogabile per legge;
• che il meccanismo di accesso alle informazioni (art. 19 della Direttiva) non sia eludibile e sia accessibile anche agli autori non iscritti ad associazioni o società di collecting.
Gli autori non ci stanno, e dicono: adesso basta! La politica deve assumere questa battaglia come una conquista civile che può ristabilire il senso dei diritti e delle regole.
La Direttiva Copyright deve tutelare gli interessi degli autori italiani, perché il diritto d’autore è un diritto del lavoro, innanzitutto.
Peraltro, l’adozione della direttiva non costa nulla allo Stato.
Costringerà solo chi fa profitti miliardari con le nostre opere a restituircene almeno una piccolissima parte.
Se così non dovesse essere, ci troveremmo di fronte a un caso raro d’ingiustizia morale che è anche un autosabotaggio industriale in piena regola, perché l’industria negando valore ai suoi brevetti – le idee – di fatto nega a se stessa la risorsa più vitale di cui dispone.
Questo non deve accadere. E noi non lasceremo che accada.
Tra i tanti sottoscrittori troviamo: Giorgio Diritti, Rocco Papaleo, Marco Tullio Giordana, Paolo Virzì, Cristina Comencini per citarne solo alcuni.