Ormai se ne parla da settimane: stanotte in Italia inizieranno ad arrivare i risultati delle elezioni presidenziali americane. L’atipico repubblicano Donald Trump contro il democratico d’annata Joe Biden. Un appuntamento imprescindibile per ogni amante della politica e delle dinamiche che governano i labili equilibri mondiali. L’attesa è molta, negli U.S.A si vota già da giorni. Quattro anni fa i risultati delle urne sorpresero il mondo, con un’inaspettata vittoria del magnate e imprenditore Donald Trump. Contro una sfidante, Hillary Clinton, data alla vigilia come grande favorita. Nel 2018 Michael Moore raccontò molto bene nel suo film “Fahrenheit 11/9” i motivi della sconfitta democratica.
Unfit, ovvero dentro la mente di Donald Trump.
Nel 2020 sono uscite due pellicole “politiche” che hanno avuto una discreta diffusione, nonostante il coronavirus abbia messo a dura prova la loro distribuzione nelle sale. La prima è “Unfit – La psicologia di Donald Trump“. Un documentario che esplora la psiche del 45º Presidente degli Stati Uniti d’America.
Con l’ausilio e le testimonianze di psichiatri, psicologi ed ex collaboratori del tycoon, ne fuoriesce un ritratto impietoso. Il POTUS viene definito un “narcisista maligno“. Termine coniato per la prima volta dallo psicologo e psicoanalista tedesco Erich Fromm. Definizione nella quale i suoi colleghi contemporanei collocano perfettamente la figura di Trump: sadico, paranoico, narcisista. Il documentario indaga anche il setting socio culturale nella quale nasce la fenomenologia trumpiana e non si concentra solo sulla (presunta) malattia mentale.
Un prodotto di buon livello, montato ad hoc e con la partecipazione di clinici e testimoni attendibili. Un po’ dozzinale su alcune ricostruzioni storiche, sicuramente un prodotto ideologicamente divisivo. Si pone l’obbiettivo di “picchiare duro” in vista delle elezioni ed assolve perfettamente al proprio scopo. Il documentario è prodotto da Art Horan e dal regista Dan Partland. Viene distribuito da Wanted (che annovera nella sua scuderia anche “Nomads”, l’ultima creazione di Werner Herzog).
Un sindaco da eleggere nell’America profonda.
Il secondo film politico di questo movimentato 2020 è sicuramente “Irresistible“. Diretto da Jon Steward, storico conduttore del programma satirico americano “The Daily Show”, trasmesso sul canale umoristico “Comedy Central”. Alla sua seconda esperienza da regista si trova a dirigere un buon Steve Carell, spin doctor di una sgangherata campagna elettorale.
Dopo aver diretto e perso la corsa alla presidenza di Hillary Clinton, lo stratega democratico Gary Zimmer punta tutto su un cavallo a suo dire vincente: un anziano veterano di guerra diventato famoso grazie a un video su Youtube. L’uomo vive in una piccola cittadina repubblicana del Midwest che si appresta ad eleggere il nuovo sindaco. Gary vede l’opportunità di trasformare quel fenomeno del web in un candidato democratico alla poltrona di primo cittadino, in quanto riunisce in sé le caratteristiche perfette per rappresentare un nuovo archetipo politico da presentare su scala nazionale.
Un giusto mix tra il liberal e il conservatore. Fra l’uomo di campagna e quello di mondo. I repubblicani ovviamente non rimarranno fermi e invieranno nella piccola cittadina l’acerrima nemica di Gary, la spin doctor che lo sconfisse alla corsa per le presidenziali: Faith Brewster, interpretata magistralmente da Rose Byrne.
Che reazione avranno i cittadini di questa piccola città nei confronti di tutta questa attenzione non richiesta? Chi la spunterà alla fine? Una pellicola che merita di essere vista, soprattutto per l’ottima idea di base e per il colpo di scena finale. Spiazzante e che può lasciare con l’amaro in bocca. In fin dei conti la politica continua ad ispirare la cinematografia, sia dal punto di vista della fiction che da quello documentaristico. Un mondo di comunicazione dove tutto si permea, creando intrecci che ci condurranno fino alla prossima elezione. In attesa dei risultati americani di stanotte.
Buona democrazia a tutti!
A.M.