Il regista Christopher Nolan con una lettera aperta, pubblicata dal Washington Post, ha ricordato l’importanza dei film e delle sale cinematografiche.

Ecco la sua dichiarazione: “Quando le persone pensano ai film, le loro menti vanno prima alle star, agli studios, al glamour. Ma l’industria cinematografica riguarda tutti: le persone che lavorano nei bar dei cinema, che gestiscono le attrezzature, le maschere che staccano i biglietti, le persone che organizzano la programmazione e le prenotazioni dei film, che vendono la pubblicità o quelle che puliscono i bagni nei cinema. Gente normale, pagata a ore e non con uno stipendio, che si guadagna da vivere gestendo nel modo più opportuno questi luoghi dove la nostra comunità si raccoglie.
Spero che le persone vedano la comunità che si occupa dell’intrattenimento per quello che è veramente: una parte essenziale della vita sociale, che fornisce lavoro a molti e intrattenimento per tutti… Come regista, il mio lavoro non sarebbe completo senza quei lavoratori e senza il pubblico.
Oltre all’aiuto di cui i dipendenti dei cinema hanno bisogno da parte del Governo, la comunità del cinema ha bisogno di una partnership strategica e lungimirante da parte delle case di distribuzione.
Le ultime settimane sono state un promemoria, se ne avessimo mai avuto bisogno, che ci sono cose della vita che sono molto più importanti che andare al cinema. Ma, se si considera ciò che i cinema possono fornire, forse non poi così tante come si potrebbe pensare. 

I cinema vivranno tempi cupi e sarà così per un po’. Ma i film, a differenza dei prodotti invenduti nei negozi, non cessano di avere valore. Gran parte di questa perdita a breve termine è recuperabile. Quando questa crisi passerà, la necessità di un impegno umano collettivo, la necessità di vivere, amare, ridere e piangere insieme, sarà più potente che mai.
La combinazione di questa domanda repressa e la promessa di nuovi film potrebbe dare nuovo impulso alle economie locali e contribuire per miliardi alla nostra economia nazionale. Non lo dobbiamo solo ai 150.000 lavoratori di questa grande industria di includerli in quelli che vanno aiutati, lo dobbiamo a noi stessi. Abbiamo bisogno di ciò che i film possono offrirci”.

E Nolan sta per offrirci un’altro titolo carico di suspense e azione: “Tenet”

Di tutt’altro tenore, ma comunque un grido d’allarme, che non ci coglie impreparati, è la lettera-denuncia, dal gusto decisamente sindacale, inviata dall’Ass. Documentaristi Italiani al Ministro Franceschini, preoccupati dal taglio del piano industriale della RAI e non solo.

“Per non vanificare la nuova legge Cinema – si legge – RAI deve svolgere a pieno il suo ruolo di Servizio Pubblico. Egregio Ministro Dario Franceschini, a seguito alla Sua lettera del 3.08.2017 indirizzata ai Presidenti delle associazioni di categoria del Cinema e dell’Audiovisivo, desideriamo complimentarci con Lei e con tutta la Sua squadra per l’ottimo lavoro fatto. Dopo decenni di tentativi abortiti anche l’Italia ha finalmente una legge moderna che mette la figura del produttore indipendente e con lui l’industria dell’audiovisivo alla pari di quella dei paesi europei più avanzati. Ma perché questi nuovi strumenti legislativi siano davvero efficaci e raggiungano lo scopo voluto, bisogna correggere un’altra grave anomalia, tutta italiana, che ancora permane immutata da decenni, in particolare per quel che riguarda il Documentario. Serve cioè che RAI cominci finalmente a svolgere quel ruolo di stimolo alla produzione audiovisiva indipendente che è proprio di ogni servizio pubblico televisivo. Le scriviamo a nome di Doc/it, l’associazione che da oltre 18 anni rappresenta i documentaristi Italiani. Per Doc/it lo spirito della legge cinema dovrà trovare riscontro anche nel contratto di Servizio RAI, in queste settimane in via di finalizzazione. Se così non dovesse essere, la radicale rivoluzione voluta dalla legge che porta il suo nome finirebbe per essere inesorabilmente zoppa, almeno per quel che riguarda la produzione indipendente del genere Documentario. Doc/it chiede a Lei e al Governo, che il nuovo contratto di Servizio RAI imponga anche per il Documentario gli stessi obblighi di investimento che sono già previsti per altri generi, quali il Cinema, la Fiction e l’animazione, un caso quest’ultimo davvero esemplare. Fino a poco tempo fa Il settore si dibatteva in una situazione di grave difficoltà fin quando l’introduzione nel contratto di servizio RAI di un obbligo di investimento è stato sufficiente per assistere ad una rinascita della animazione italiana che gli ha permesso di affermarsi nel mondo. Il documentario italiano in questi ultimi anni ha ottenuto ambiti riconoscimenti nel panorama audiovisivo e cinematografico internazionale: dall’Orso d’Oro a Berlino con Fuocoammare di Gianfranco Rosi,

già Leone d’Oro a Venezia per Sacro GRA, a Liberami di Federica di Giacomo, miglior Film alla Sezione Orizzonti di Venezia, passando per altri festival internazionali che in diverse occasioni hanno premiato il racconto del reale di produzione italiana. Il documentario inteso nella sua accezione più ampia – Factual come oggi viene chiamato nel mondo anglosassone – è il genere che nelle sue varie tipologie e declinazioni permette meglio di ogni altra forma narrativa di raccontare la realtà del nostro Paese. È lo strumento ideale per esportare nel mondo la cultura, l’arte, la storia, la scienza e il territorio nazionale contribuendo in modo determinante ad affermare il ruolo che l’Italia ha nel mondo”.

La redazione  dello Sdac Magazine, si associa ad entrambi gli appelli, nella speranza che non cadano nel dimenticatoio.

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